L’importanza della chiesa e la sua stessa ragion d’essere risiedono nella presenza del crocifisso ligneo dal quale Santa Caterina ricevette le stimmate (dal greco stigma: marchio), ovvero delle piaghe simili a quelle inflitte a Gesù Cristo durante la crocifissione.
L’evento miracoloso avvenne a Pisa, dove la Santa si era recata nel 1375 dietro richiesta di Papa Gregorio XI, con l’incarico di convincere i Signori della città a non aderire alla lega antipapale. Nella Legenda Major, Raimondo da Capua narra che il 1° aprile dello stesso anno, mentre era assorta in preghiera nella chiesa di Santa Cristina, Caterina vide scendere dal crocifisso davanti al quale era inginocchiata cinque raggi di colore rosso sanguigno diretti alle sue mani, ai piedi e al cuore. Subito ella chiese a Dio che le stimmate fossero invisibili e, prima che i raggi la raggiungessero, cambiarono il loro colore, divenendo splendenti di luce. Rimasero visibili solo alla Santa per tutta la durata della sua vita, finché, al momento della morte, apparvero miracolosamente. La validità delle stimmate di Caterina venne riconosciuta in maniera ufficiale solo nel 1623 da Urbano VIII, dopo una disputa durata circa due secoli.
Come era avvenuto per San Francesco d’Assisi, che fu il primo Santo a ricevere le stimmate, anche per Caterina l’episodio segna il culmine del cammino spirituale e rappresenta la sua identificazione con Gesù Cristo: Caterina diventa in tutto conforme al Signore crocifisso e come Lui arde dello stesso desiderio per la salvezza degli uomini. La richiesta di invisibilità delle stimmate da parte della Santa risponde al suo rifiuto di ‘spettacolarizzazione’ dell’evento miracoloso, in accordo con la straordinaria umiltà che caratterizzò tutta la sua esistenza.
All’indomani della morte di Caterina, i senesi desiderarono avere quel crocifisso che l’aveva resa perfetta icona dell’amore di Cristo; dopo molti tentativi, l’impresa riuscì alla Confraternita dedicata alla Santa e nel 1565 la croce lignea venne portata a Siena e collocata nell’Oratorio della Cucina. Col passare del tempo, tuttavia, si cominciò a pensare ad un ambiente più ampio che ne favorisse la venerazione. L’unico spazio disponibile era quello antistante l’Oratorio della Cucina, ritenuto tradizionalmente l’orto della famiglia Benincasa. Fu proprio in quest’area che, tra il 1614 e il 1623, venne edificata in forme barocche la Chiesa del Crocifisso, la cui decorazione andò avanti per oltre un secolo.
Il crocifisso, una tavola dipinta di scuola pisana databile intorno alla fine del Duecento, venne collocato al centro dell’altare maggiore, nella posizione più eminente della chiesa, il 21 maggio 1623, dopo una solenne processione attraverso i maggiori luoghi di culto della città. È racchiuso da una cornice provvista di due sportelli, nel cui lato interno sono raffigurati Santa Caterina e San Girolamo penitente, entrambi opera del senese Bartolomeo Neroni, detto il Riccio.
I numerosi dipinti collocati sulle pareti della chiesa ripercorrono momenti significativi della vita di Caterina, ponendo l’accento in particolare sugli straordinari risultati da lei ottenuti in campo politico a beneficio della Chiesa, quali l’aver riportato da Avignone a Roma la sede papale, mettendo fine alla cosiddetta 'cattività avignonese' (1308-1377), e l’aver ristabilito la pace tra Firenze e lo Stato Pontificio, da tempo in guerra tra loro. L’eccezionalità dell’operato della Santa, intuita già a partire dai suoi contemporanei e compresa pienamente nel corso dei secoli, mostra di cosa sia capace una creatura umana, per di più donna e quasi analfabeta, quando sa ascoltare la voce di Dio, consacrandogli generosamente la propria esistenza.
Tre delle quattro grandi tele che occupano la navata della chiesa sono dedicate proprio a questo particolare aspetto della vicenda di Caterina. Partendo dall’ingresso, il primo dipinto della parete destra raffigura il Ritorno del Papa Gregorio XI a Roma, opera del pittore Niccolò Franchini datata 1769, affiancata dalla tela con Caterina che esorta Gregorio XI a tornare a Roma, eseguita dal bolognese Alessandro Calvi, detto il Sordino. Sulla parete opposta troviamo Santa Caterina assalita dai soldati fiorentini, dipinto realizzato da Galgano Perpignani nel 1765, che rievoca uno dei momenti dell’opera di pacificazione tra Firenze e il Papato.
La quarta tela, eseguita da Liborio Guerrini nel 1777, raffigura l’Elemosina di Caterina, con la Santa attorniata da poveri, intenta a distribuire loro il pane. In realtà nella Legenda Major si racconta che ella fosse solita portare le elemosine di notte, lasciandole davanti alle porte delle famiglie indigenti, in accordo con gli insegnamenti del Vangelo, in cui si dice che l’elemosina deve essere nascosta e non mettere in evidenza chi la pratica.
I dipinti posti sui due altari ai lati del transetto raffigurano, a destra, di nuovo Santa Caterina di fronte a Gregorio XI ad Avignone, opera settecentesca di Sebastiano Conca, e a sinistra Santa Caterina accolta dalla Madonna in Paradiso e presentata a Gesù Cristo, tela realizzata da Rutilio e Domenico Manetti nel 1638. Nel dipinto, Caterina è raffigurata secondo un’iconografia inusuale, con indosso l’abito bianco privo del consueto mantello nero e con in testa una triplice corona. Quest’ultima rimanda ad un episodio della Legenda Major, in cui una donna di nome Semia, ricevuto un miracolo da Caterina, aveva sognato la Santa in Paradiso con tre corone sul capo -una d’oro, una d’oro e d’argento con riflessi rossi e una d’oro con pietre preziose- da identificare con la cosiddetta triplice corona aureola (o corona aureola accidentalis) simbolo di verginità, martirio e dottrina. Il dipinto, realizzato solo pochi anni dopo il riconoscimento delle stimmate, è da considerarsi una delle prime rappresentazioni su tela della glorificazione della Santa.
Sempre nel transetto sinistro, sulla parete sinistra, è collocato lo stendardo raffigurante Santa Caterina che riceve le stimmate dal crocifisso, realizzato dallo Rutilio Manetti nel 1630 su commissione della Confraternita intitolata alla Santa, mentre di fianco all’altare si apre una piccola nicchia all’interno della quale è custodito un reliquiario contenente un frammento della sua scapola.
Ai lati del presbiterio si trovano due dipinti di Giuseppe Nicola Nasini raffiguranti, a sinistra, L'Estasi di Santa Caterina e a destra La Santa che scrive ispirata da San Giovanni Evangelista e da San Tommaso d’Aquino, il teologo domenicano ai cui insegnamenti si ispira l’opera della Santa. Sempre allo stesso Nasini si devono gli affreschi della cupola e delle volte con la Glorificazione ed esaltazione di Caterina, realizzati tra il 1701 e il 1703, in cui ella è accolta in Paradiso e resa partecipe della Gloria celeste.