Oltre alle opere di soggetto cateriniano, la basilica accoglie numerosi dipinti, alcuni dei quali sono dei veri e propri capolavori della pittura senese.
Lungo la parete destra della navata, poco prima del transetto, è collocata la bellissima tavola raffigurante nella parte centrale la Natività di Gesù (1495-1500), opera attribuita a
Francesco di Giorgio Martini, ma realizzata in parte da
Bernardino Fungai e da un pittore pressoché sconosciuto, di nome Lodovico Scotti. A terra, in primo piano, appoggiato ad un frammento marmoreo, giace il Bambino appena nato, lo sguardo rivolto verso lo spettatore; vicino al piccolo Gesù stanno la Vergine e San Giuseppe in adorazione, mentre alle loro spalle si trovano rispettivamente due pastori e due angeli. La costruzione della scena fa sì che il suo fulcro sia costituito dal piccolo Gesù, verso il quale convergono le due direttrici diagonali lungo cui si dispongono le figure; quel Bambino nudo, umilmente poggiato a terra, è la manifestazione del Verbo di Dio agli uomini, è la luce del mondo che sorge dalla notte del paganesimo. Non a caso sullo sfondo si erge un maestoso arco antico in rovina, ornato da clipei istoriati raffiguranti Quinto Curzio e Muzio Scevola, personaggi della storia romana. L’arco è così imponente da risultare qualcosa di più di un semplice elemento paesaggistico: esso simboleggia infatti il mondo antico che la nascita di Cristo rinnova. Corredano l'opera una lunetta con Gesù Cristo in pietà tra Santa Maria Maddalena e San Michele Arcangelo, realizzata entro il 1497 da
Matteo di Giovanni, e una predella suddivisa in cinque scomparti raffiguranti da sinistra la Visione di Santa Caterina, il Martirio di San Sebastiano, la Strage degli Inncocenti, San Vincenzo Ferreri che converte gli ebrei e i saraceni e Santa Maria Maddalena che riceve le stimmate.
Nella seconda cappella del transetto sinistro, sull’altare, è poi collocata l’imponente tavola della Maestà realizzata da Guido da Siena, uno dei primi pittori senesi di cui ci siano pervenute opere, attivo nella seconda metà del Duecento. Essa costituisce dunque una delle più antiche testimonianze della devozione di Siena nei confronti della Vergine. La pala raffigura la Madonna in trono con il Bambino sulle ginocchia ed è incorniciata in alto da un’arcata triloba, al di sopra della quale si dispongono sei angeli adoranti; il coronamento presenta infine una cuspide triangolare che racchiude il Redentore benedicente tra due angeli. Di impronta marcatamente bizantina, l’opera fu realizzata intorno al 1265-1270, nonostante l’iscrizione al di sotto del trono rechi la data 1221 (ME GUIDO DE SENIS DIEBUS DEPINXIT AMENIS QUEM CHRISTUS LENIS NULLIS VELIT ANGERE PENIS A.D. MCCXXI - Mi dipinse in giorni felici Guido da Siena che Cristo non volle angustiare di alcuna pena). Tale data è unanimemente respinta dagli studiosi e considerata un probabile errore di chi ridipinse l’iscrizione o un riferimento ad una più antica immagine di cui l’attuale avrebbe ereditato il culto. Che l’opera sia stata rimaneggiata dopo la sua esecuzione, lo confermano anche i volti della Madonna e del Bambino, che mostrano uno stile assai più tardo; con ogni probabilità essi furono rinnovati nei primi anni del Trecento da Duccio di Buoninsegna o da un suo diretto collaboratore.
All'interno della stessa cappella, nelle pareti laterali, sono custodite altre due importanti opere dell'arte senese: la prima è la tavola raffigurante la Madonna col Bambino tra i Santi Gregorio, Giacomo, Giovanni Evangelista e Sebastiano, eseguita da Benvenuto di Giovanni nel 1483 e caratterizzata da un livello qualitativo altissimo, che si traduce nella luminosità e brillantezza dei colori, nell'espressività dei volti e nella ricchezza dei dettagli.
Nella parete di fronte è infine collocata la tavola di
Matteo di Giovanni con Santa Barbara in trono tra le Sante Maddalena e Caterina d'Alessandria (1479), che rappresenta probabilmente il vertice della produzione pittorica dell'artista, che unisce la padronanza del disegno ad un'estrema raffinatezza cromatica.